Conosciamo altri tre produttori che hanno partecipato alla nostra Festa di compleanno supportando con il ricavato delle bottiglie la Fondazione Francesca Pecorari. Tre eccellenze, rispettivamente dell’Alto Adige, del Veneto e della Toscana. E quando la qualità si abbina con il cuore il vino lo percepiamo ancora più buono.
ARUNDA. Un nome romano-celtico per il perlage più alto d’Europa. Con Josef Reiterer e sua moglie Marianne siamo nel Tirolese, in Val Venosta al confine con l’Engandina, a 1200 metri s.l.m. E siamo in presenza di un gran bel produttore, meticoloso, rigoroso, di poche parole. Ma con la mano giusta. Mano che quando è in sintonia con l’annata crea interpretazioni uniche. Lui è il primo vignaiolo in Alto Adige a produrre solo spumanti. Inizia nel 1979. Oggi ne fa una decina, tutti Metodo Classico. Tutti di qualità eccelsa e con un loro preciso carattere. Perché Chardonnay, Pinot bianco e Pinot nero fotocopiano il territorio altoatesino e si esprimono in termini di estrema finezza, longevità e riconoscibilità. Nel bicchiere complessità, eleganza, purezza, con affinamenti anche a sessanta mesi. Lo Chardonnay cresce su terreni porfirici vicino a Terlano, il Pinot nero su suoli calcarei sopra Salorno, mentre quelli del Pinot bianco sono i terreni morenici, ciottolosi e argillosi dell’Oltradige. Poesia. Marianne è sommelier. Josef è cresciuto in un maso di Meltina ed è stato uno dei primi studenti a diplomarsi all’istituto agrario sperimentale di Laimburg, per poi concludere il suo percorso di studi alla scuola di enologia di Badkreuznach. Oggi è microbiologo ed enologo e la sua cantina produce circa la metà di tutte le bollicine dell’Alto Adige, grazie a una rete di conferitori estremamente selezionati. Michael Reiterer, il figlio, è il creativo della famiglia: una vera e propria fucina di idee dal marketing alla cucina. L’extra brut Cuvée Marianna è il vino del cuore: 80% di Chardonnay passato in barrique e 20% di Pinot nero, sosta sui lieviti per cinque anni, bella struttura, fruttato, teso, con sfumature di legno, cremoso. Michael ha creato la cuvée Muggi e ne ha disegnato l’etichetta. Ma ricordiamo anche il Phineas, uno spumante talmente unico da risultare irripetibile. Magie altoatesine.
MONTE FAUSTINO. Con i fratelli Fornaser ci spostiamo nel Veronese, a San Pietro in Cariano, nel cuore della Valpolicella storica. I vini sono dedicati al papà, il “maestro” elementare di Bure Giuseppe Fornaser, scomparso nel 1998. Una perdita talmente sentita che ha spinto i figli a ricordarlo con qualcosa che amano e in cui si identificano: il proprio lavoro. Un papà buono quanto austero nel ruolo di genitore che doveva impartire delle regole. Nessuno sconto, come a scuola, punizioni comprese. Il maestro inizia a vinificare per passione negli anni ’60. Oggi sono centomila bottiglie, con il sogno di rimanere piccoli, chicca nell’universo enologico, per difendere l’estrema qualità. Una linea speciale, diciamo pure del cuore, è dedicata al papà. Qualche nome? Il Maestro (Amarone Riserva), il Genio (Valpolicella), il Primo della Classe (Recioto), il Ripetente (Ripasso). Faustino è il nome del vigneto di famiglia più vecchio. “Papà ci ha insegnato a vivere. Ci ha messi in riga. Ma soprattutto ci ha fatto capire l’importanza delle radici, della storia, del passato. Il segreto è essere coerenti, prima di tutto con se stessi”. Loro, ossia Paolo, Fabiano, Massimiliano e Giorgio, più mamma Giacomina, sono davvero bravi, in tutti i sensi.
ALLEGRINI. Sede storica nella Valpolicella classica, quattro le aziende fra Veneto e Toscana per una superficie totale di circa 250 ettari. Un nome molto conosciuto nel mondo del vino, anche qui per l’alta qualità dei prodotti e per la capacità di coniugare con il vino l’arte e più in generale la cultura. Allegrini, ossia Franco, Marilisa e Walter, il fratello scomparso prematuramente una quindicina di anni fa. Una famiglia dedita alla produzione vinicola da oltre quattrocento anni. Il vino del cuore “Dedicato a Walter” è un Toscana Rosso Igt, un Cabernet Franc in purezza di Poggio al Tesoro, la tenuta di Bolgheri. Ce lo racconta la figlia Silvia. “Negli anni in cui è mancato mio papà stavamo iniziando l’avventura a Bolgheri. Abbiamo preso dei piccoli appezzamenti già vitati, ma la maggior parte della terra acquistata era nuda, questo significa che c’è stato un grande lavoro progettuale di analisi del terreno e scelta delle varietà più idonee nei diversi appezzamenti. Papà trascorreva quasi tutto il suo tempo là, è una terra che ha sentito nelle sue corde da subito, da grande amante della natura a tutto tondo. A lui oggi è dedicato il vino più importante dell’azienda. Anche perché non ha fatto in tempo a vedere realizzato tutto il progetto”, racconta Silvia. Sono più di cinquanta gli ettari di vigna in questo territorio, patria di grandi famiglie, coltivati con cabernet franc, merlot, syrah, cabernet sauvignon e vermentino. Ma soprattutto coltivati con amore in ricordo di papà Walter.